Ernia del disco

È la fuoriuscita totale o parziale della sostanza gelatinosa contenuta all'interno del disco vertebrale.
Si tratta di una malattia molto dolorosa e invalidante, che colpisce prevalentemente i giovani e gli adulti tra i 20 e i 50 anni. Circa il 70-80 % della popolazione è affetta da patologia lombalgica e cervicoalgica e di questa una grossa fetta soffre di malattia da ernia del disco (Fonte:Islass).
La natura del disco è di tipo fibrocartilagineo, è inserito tra le articolazioni vertebrali ed ha la forma di una lente biconvessa. 
Internamente è costituito da un morbido nucleo polposo di consistenza gelatinosa, ed esternamente dall'anulus fibroso.

La funzione del nucleo gelatinoso è sicuramente quella di ammortizzare le sollecitazioni a cui viene sottoposta la colonna, ma anche quella di distribuire le forze di carico in modo che si possa muovere correttamente.
La funzione dell'anulus fibroso invece, che ha fibre disposte in maniera regolare e concentrica, è quella di contenimento; protegge il nucleo centrale e conferisce al disco grande resistenza alla compressione.
Da quì si evince la sua natura di sostegno, antishock e di guida del movimento vertebrale.

Non sono presenti tra le prime 2 vertebre cervicali e tra quelle sacrali, hanno una altezza che varia in funzione del peso che debbono sostenere (1/3 dell'altezza del corpo vertebrale nel tratto lombare,1/4 in quello cervicale, 1/7 in quello dorsale) e del movimento del tratto della colonna in cui si trovano.
In persone giovani, i vari dischi costituiscono il 25% dell'altezza del rachide, ma questa percentuale è destinata a scendere con l'invecchiamento. Il contenuto del nucleo è dell'85% nei giovani e del 70% negli anziani.
Non hanno irrorazione sanguigna (se non nei primi anni di vita) e trae il proprio nutrimento per osmosi.
In base alla gravità le lesioni discali si dividono in:

  • protrusioni;
  • ernie;
  • ernie migrate (quando la parte erniata si distacca e migra a livello di un'altra vertebra,  superiore o inferiore)

L'iniziale degenerazione del disco vertebrale si chiama proptrusione, che consiste nello spostamento del nucleo dalla sua posizione centrale verso una più periferica: se questa condizione diviene cronica c'è l'interruzione delle fibre dell'anulus fibroso e la conseguente uscita del suo contenuto. 
Questa condizione è detta ernia del disco.
Sono a carico della parte posteriore del disco perchè è quella strutturalmente più debole dell'anulus, ma anche per la conformazione della colonna che nei suoi tratti di maggior mobilità (lombare e cervicale), essendo lordosi, subiscono le maggiori sollecitazioni.
Infatti parliamo di ernie posteriori mediane e paramaediane o al massimo laterali, anche ad ampio raggio, che spesso vanno a comprimere i nervi nel loro decorso intraforaminale.

CHE SINTOMI DA
In base alla zona di sofferenza, dato che la colonna è lunga e formata da una serie di articolazioni vertebrali, i sintomi possono variare in base alla sede ed al tipo di struttura.
Generalmente si parla di dolore, intorpidimento o debolezza, alla quale si può aggiungere l'irradiazione neurologica con parestesie eventuali agli arti corrispondenti (sensazione di caldo, freddo, bruciore).

In base ai tratti della colonna abbiamo:

  • cervicalgia;
  • cervicobrachialgia;
  • dorsalgia;
  • lombalgia;
  • lombocruralgia;
  • lombosciatalgia.

Il sintomo può essere localizzato oppure irradiato, perché a volte l'ernia o la protrusione interessano anche la zona di emergenza del nervo, oppure lo schiacciano nel suo decorso all'interno del forame di coniugazione delle vertebre, così come lo possono strozzare all'interno del suo decorso nel canale midollare (stenosi).

 

La sintomatologia può anche essere data dallo scivolamento della vertebra (listesi o lisi) oppure da un crollo vertebrale legato a fattori traumatici (fratture) oppure all'invecchiamento fisiologico del paziente (artrosi ed osteoparosi).
In generale la sintomatologia dolorosa al rachiede è sempre dovuta ad una sofferenza vertebrale, le cui implicazioni discali sono quasi sempre presenti, perché dal punto di vista antropologico l'essere umano è stato progettato per camminare a 4 zampe, ma la sua evoluzione lo ha portato in posizione eretta.
La rotazione attorno l'asse trasverso del bacino ha messo in carico la colonna che con il passare degli anni non può che logorarsi nella sua parte più delicata: il disco vertebrale.

COME VIENE FATTA UNA DIAGNOSI
La visita con il medico specialista (ortopedico, neurochirurgo, fisiatra) permette di diagnosticare l'ernia del disco.
Gli specialisti si avvalgono sicuramente della diagnostica strumentale per una diagnosi certa: la radiografia (aspecifica), la Risonanza magnetica nucleare (Rmn – specifica), in alcuni casi la Tomografia assiale computerizzata (Tac) e l'elettromiografia, sono quelli più diffusi.
La radiografia fornisce immagini planari (bidimensionali) e non permette di fare una diagnosi precisa in quanto non consente di evidenziare i tessuti molli; certamente aiuta però a capire se i corpi vertebrali hanno un problema, in quanto il loro avvicinamento e/o spostamento fa desumere una sofferenza discale.

La Rmn (stratigrafica), grazie ai vari metodi di acquisizione tridimensionale, permette di vedere la degenerazione discale, ma anche l'impegno di altre strutture molli come i nervi ed il canale midollare.

La Tac (stratigrafia) è più indicata per studiare i tessuti ossei, ma anche utilizzata per le patologie di quelli molli, soprattutto in presenza di artefatti metallici che disturbano il segnale della Rm.
Nel caso siano presenti irradiazioni del dolore agli arti, diminuzione di forza, formicolii ed altre parestesie, è consigliato fare l'elettromiografia: ci indica il grado di conduzione dell'impulso elettrico all'interno della fibra muscolare e di conseguenza il livello ed il grado di sofferenza del nervo corrispondente.
Durante la visita, a seguito dell'anamnesi del paziente, il medico valuta gli atteggiamenti posturali (indicativi della sofferenza), effettua test ortopedici e neurologici (mobilizzazione, compressione e stiramento, riflessi ecc)  per evocare il dolore e localizzare il problema.

RIMEDI
Il trattamento delle ernie del disco è:

  • conservativo;
  • chirurgico;

Nel primo caso vengono adottati tutti quei procedimenti tesi recuperare e conservare la salute del paziente attraverso l'utilizzo di farmaci antinfiammatori (steroidei nel caso delle irradiazioni), miorilassanti e neurotrofici (nel caso della sofferenza nervosa), integratori di vario genere, ma soprattutto attraverso dei percorsi fisioterapici adatti.
La fisioterapia è essenziale a tal proposito, perché nessun farmaco consente di mantenere il beneficio acquisito a lungo. Per evitare spiacevoli ricadute il paziente viene invitato a seguire protocolli fisioterapici con:

  • mezzi fisici (tecaterapia, laserterapia, ipertermia, Tens, magnetoterapia, ecc)
  • terapie manuali (ginnastica posturale in primis)
  • massoterapie;
  • osteopatia;
  • applicazione di kinesio taping;
  • esercizi in autotrattamento (quotidiani)

Data la complessità dell'argomento, è in questa sede difficile indicare un protocollo terapeutico tipo; per questo si rimanda al fisioterapista di riferiemnto, che in base alle indicazioni mediche ed allo status del problema stilerà il percorso riabilitativo più adatto.
Il percorso è indicato in base alla gravità per problema,ma anche in base all'età del paziente, alla sede di sofferenza, alla presenza o meno dell'irradiazione neurologica.
Di solito dopo una prima fase con farmaci antinfiammatori, e dopo un adeguato tempo di riposo articolare, il paziente accede alla fisioterapia con sedute plurisettimanali (esempio: mezzi fisici - massoterapia) per poi proseguire con delle sedute monosettimanali di ginnastica posturale.
Viene consigliato di fare delle sedute osteopatiche, che in aggiunta alle metodiche posturali permettono di gestire meglio nel tempo la ricomparsa dei sintomi e la recidiva del problema.
Nei casi in cui l'evidenza radiografico/strumentale, l'entità del problema, ma soprattutto laddove tutti i percorsi conservativi abbiano fallito , al paziente viene suggerito di sottoporsi a dei trattamenti chirurgici semiinvasivi come le infiltrazioni (ozonoterapia, cortisonici ecc).
Sono percorsi che richiedono del tempo per la consistenza del risultato, e che permettono di evitare l'intervento chirurgico che rimane l'ultima ipotesi praticabile.
Anche in quest'ultimo caso il paziente viene poi invitato a seguire dei protocolli riabilitativi tesi a consolidare il benessere acquisito con la chirurgia, a migliorare il proprio stile di vita e a cambiare le proprie abitudini alimentari.

METODO DI RECUPERO “FISIO EUR - 5 FASI”

1^ fase: Controllo del dolore.
L'utilizzo dei mezzi fisici è una valida alternativa ai presidi farmacologici (ove indicati), e consentono la riduzione e la gestione del dolore. Si effettuano sedute plurisettimanali in base alla gravità del problema:

  • tecarterapia;
  • ultrasuonoterapia (anche nella versione cryo);
  • ipertermia;
  • laserterapia yag;
  • applicazione impacchi di calore (tepore) per pochi minuti.

2^ fase: Recupero dell'articolarità e della flessibilità.
Viene utilizzato un prudente protocollo di intervento manuale del terapista e di esercizi volti al recupero del movimento della zona interessata dal problema, senza correre il rischio di riacutizzare il processo infiammatorio. Si effettua:

  • cauta kinesiterapia;
  • esercizi isocinetici;
  • terapia manuale;
  • kinesio taping;
  • seduta osteopatica.

3^ fase: Recupero della forza e della resistenza muscolare.
Questa è la fase in cui si rinforza la componente muscolare, con esercizi di tipo isometrico, concentrico ed eccentrico, perché il muscolo diventi non solo forte ma anche capace di reagire alle tensioni e proteggere l'articolazione. Le sedute sono plurisettinamali e comprendono:

  • kinesiterapia attiva;
  • kinesiterapia contro resistenza;
  • Energia Vibratoria Muscolare (EVM);
  • massoterapia decontratturante;
  • kinesio taping;
  • esercizi di rinforzo in eccentrica.

4^ fase: Recupero della coordinazione.
Un'affezione del sistema muscolo scheletrico altera il sistema di percezione del corpo nello spazio e del movimento. In questa fase si eseguono sedute mirate al recupero di queste funzionalià che risultano fondamentali nella prevenzione di eventuali ricadute:

  • sedute di ginnastica propriocettiva;
  • esercizi di controllo del movimento;
  • esercizi di rinforzo muscolare sotto controllo propriocettivo;
  • idrokinesiterapia;
  • massoterapia decontratturante.

5^ fase: Recupero della gestualità quotidiana.
Al paziente viene suggerito un programma terapeutico finalizzato al recupero delle funzioni normali, si studia pertanto il suo stile di vita e si riproducono esercizi con movimenti utili quotidiani:

  • metodo dell'approccio sequenziale e progressivo (ASP);
  • nuoto;
  • esercizi della quotidianità;
  • osteopatia.

Esempio di protocollo terapeutico per lombalgia:

Fase acuta (max 2 settimane):

  • sedute trisettimanali di tecarterapia in atermia 20 minuti ca, associate a cauta massoterapia;
  • Assunzione di posture in scarico vertebrale (al proprio domicilio);
  • applicazione di taping;
  • educazione paziente agli esercizi a casa.

Fase sub acuta (successive settimane):

  • sedute bisettimanali di laserterapia associata alla tecarterapia in omeotermia;
  • kinesi lombare (con manovre attive del terapista) con allungamento catene muscolari e mobilizzazione articolare;
  • Esercizi di rinforzo della parete addominale;
  • esercizi posturali;
  • applicazione di kinesio taping;
  • 1 seduta osteopatica.

Fasi successive:

  • 1 seduta di Ginnastica posturale a settimana
  • seduta di massoterapia decontratturante
  • 1 seduta osteopatica (eventualmente a discrezione dell'osteopata);
  • esercizi quotidiani domiciliari.

CONCLUSIONI
Fisio Eur attenta alla ricerca del benessere, ma soprattutto al miglioramento costante della qualità della vita del paziente, offre sia il sostegno dello specialista anche a distanza dell'evento doloroso (sia trumatico, sia chirurgico), sia dei follow up di controllo gratuiti nel tempo.


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